Ma c’è chi ha alzato le stime a 99 Paesi mentre Europol, agenzia dell’Unione europea impegnata nel contrasto alla criminalità, ha parlato di un fenomeno “senza precedenti che richiede indagini internazionali”. Uno dei più colpiti, in termini di conseguenze, è stato il Regno Unito dove il “colpo” informatico ha mandato in tilt diversi ospedali.
Questo genere di virus informatico rende inaccessibili i dati dei computer infettati e chiede il pagamento di un riscatto, solitamente in bitcoin, per ripristinarli. Per diffondersi ha sfruttato una falla che si trovava nell’Smb Server di Windows scoperta dalla Nsa e resa pubblica dal gruppo hacker Shadow Brokers. Un “buco” noto e anche già “tappato” dall’azienda di Redmond con una cosiddetta patch, la numero MS17-010. I computer infettati, quindi, non avevano installato l’ultimo aggiornamento. Ecco perché la miglior protezione è la prevenzione. Il primo passo da fare è aggiornare sempre sia il nostro antivirus che il sistema operativo. Utile è anche un backup dei dati, cioè una copia dei propri file. Un’operazione che va eseguita periodicamente in un hard disk esterno, ad esempio una chiavetta Usb. In questo modo, se il ransomware dovesse infettare il pc, una copia dei dati rimarrebbe protetta, dandoci l’opportunità di ripristinarli all’occorrenza.
fonte: www.cybersecurity360.it
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